Bentrovati. Io sono Marcello Conti e questo è Caffè Letterato, la newsletter su giornalismo culturale e dintorni.
Oggi ritorniamo con un numero un po' più consistente dei precedenti per quanto riguarda i contenuti originali. Vi propongo, stavolta, un format che potrei utilizzare spesso in futuro: condividere un po’ di appunti presi intorno a una lettura interessante fatta di recente. Se il materiale vi pare un po' grezzo… be' avete ragione. Si tratta di pezzi di appunti presi in diretta, giusto appena risistemati. Ma spero possiate trovarlo interessante comunque.
Fatemi sapere se vi piace un contenuto del genere. Intanto vi lascio alla solita rassegna. Buona lettura!
Rassegna 🗞️
Da Albrecht Dürer a Britney Spears e Paris Hilton: il selfie come iniziazione al mondo
Visto che in questi giorni si parla tanto di America: la crisi del soft power della cultura USA
La cultura pop giapponese, invece, va alla conquista del mondo
Il benessere come (discutibile) ossessione contemporanea
Industria della seduzione e identità maschile
Il problematico rapporto tra Roma e l'arte contemporanea brutta
Alla ricerca dei media perduti
Cultura o società
Che cos'è la cultura? O meglio, che cos'è una cultura? Posta così la domanda - come sempre per i quesiti troppo vasti - è oziosa, risolvibile in maniera insoddisfacente andando a prendere la definizione da un manuale di antropologia, oppure lanciandosi in mille disquisizioni soggettive che tutt'al più servono a mettere in chiaro cosa è percepito come cultura da chi sta parlando.
Oggi, volevo mettere giù qualche appunto su una delle possibili risposte a questa domanda in cui mi sono imbattuto di recente. Quella di James P. Carse, accademico americano, professore di Filosofia e Storia delle religioni, noto soprattutto per il saggio Giochi finiti e infiniti (del 1986, pubblicato in Italia da Mondadori in una edizione oggi piuttosto difficile da reperire). Ed è proprio lì che troviamo un capitolo dedicato al tentativo di definire cosa sia una cultura.
Innanzitutto quando si parla di cultura si parla di qualcosa che fa parte dell'esistenza sociale, cioè di qualcosa che esiste nella relazione tra molti individui. Ma non tutto ciò che è esistenza sociale è cultura, perché l'esistenza sociale può manifestarsi in due modi: come cultura o come società.
Una logica binaria che caratterizza tutto il libro di Carse, che si basa interamente sulla stessa intuizione: tutto nella vita umana può essere interpretato come forma di gioco, ma esistono due tipi distinti di giochi: i «giochi finiti» e i «giochi infiniti». Cosa li differenzia? «Un gioco finito si gioca per vincerlo, un gioco infinito per continuare a giocare». O, detto altrimenti, giochi finiti sono tutte quelle attività compiute per ottenere un fine preciso, i giochi infiniti sono essi stessi un fine. Un gioco finito è limitato da confini ben precisi e da regole fisse, un gioco finito è invece sempre aperto (lo scopo del gioco è proprio mantenerlo aperto) e ha regole che possono e devono cambiare.
Carse, dicevamo, fa rientrare ogni aspetto della vita umana in una o nell'altra categoria. E per quanto riguarda l'esistenza sociale stabilisce che la società è un gioco finito, mentre la cultura è un gioco infinito.
In quanto gioco finito una società è definita dalle sue regole, che come le regole di qualunque gioco sono arbitrarie, ma che per il corretto funzionamento di una società devono sembrare necessarie. Si può dire che una società è tutto ciò che fa una collettività sotto la maschera della necessità. La società è intrinsecamente teatrale, ha dei copioni e pretende che siano rispettati e quindi mal tollera le devianze.
Per una cultura, invece, le devianze sono un elemento fondamentale, perché, data la sua natura di gioco infinito, non ci si può limitare a ripetere un copione, è fondamentale continuare a trasformarlo. La storia di una cultura è quella di una continua dinamica tra standard temporanei e devianze che li mettono in discussione. Insomma, anche una cultura ha le sue regole, ma chi partecipa a una cultura è consapevole che tali regole sono frutto di un accordo, non di una necessità, per questo sono in costante revisione.
Se una società nel passato trova il fondamento delle proprie regole ("si è sempre fatto così"), la cultura nel passato trova una tradizione, intesa come elemento non da ripetere ma da portare avanti. La tradizione è il passato che continua nel presente e che non viene mai portato a compimento definitivo. Mentre la società tende a ripetere il passato, la cultura lo porta avanti e lo trasforma.
Altro punto fondamentale: «mentre una società è definita dai suoi confini, una cultura è definita dal suo orizzonte». Un confine è un fenomeno di opposizione, si oppone a ciò che gli sta oltre. Un orizzonte, invece, è un fenomeno di visione. L'orizzonte non si raggiunge, si muove insieme a noi. Ogni mossa di un giocatore di un gioco infinito è verso l'orizzonte. Ogni mossa, dunque, porta a una visione diversa e nuova. Una cultura, pertanto, non è uno sforzo per promuovere o imporre una certa visione, ma per continuare a trovare nuove visioni possibili.
Non avendo confini una cultura non è limitata né nello spazio né nel tempo. Anche le culture storiche del passato (ad esempio il Rinascimento, l'Illuminismo, il Romanticismo) non sono mai davvero finite, anche in quei casi la partita non è chiusa. Si può ancora partecipare a tutte quante: si può, cioè, portarle avanti e rinnovarle.
Ciascuno è libero di entrare in una cultura e entrandoci contribuisce a mutarla. Del resto il rapporto tra individui e società è proprio all'insegna della mutazione, del reciproco cambiamento: ciascuno ha il potere di trasformare una cultura, ma aderire a una cultura significa anche venirne trasformati.
E per oggi è tutto.
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A presto!