Bentornati con il primo Caffè Letterato del 2024.
Mentre ci riprendiamo dai bagordi di capodanno e ci avviciniamo alla fine del periodo delle festività, parliamo un po' di giochi da tavolo.
Prendendo spunto da un pezzo del The New Yorker in cui mi sono imbattuto di recente (trovate il link più sotto) parliamo di quelli che ormai possono essere considerati a tutti gli effetti dei prodotti culturali con un proprio linguaggio peculiare e di cui sarebbe interessante vedere più spesso il giornalismo culturale occuparsene.
Poi si continua con la consueta selezione di articoli e uno dei più bei film usciti sul finire del 2023.
Buona lettura
Fate il vostro gioco
Ognuno ha le sue metafore preferite, quelle che usa in maniera quasi automatica quando si tratta di mettere a fuoco un concetto o una situazione. Di recente mi sono accorto che le metafore a cui io attingo più frequentemente provengono dall'ambito semantico del gioco.
Che significa? Banalmente che mi piacciono i giochi. Ma anche qualcosa di più: che forse i giochi (con le loro regole, i loro codici, le loro strutture) ben si prestano a spiegare le cose, a farle capire. Mi viene in mente una frase di Milan Kundera (che lui attribuiva a Herman Broch) per cui la ragione di esistere di un romanzo è «scoprire quello che solo un romanzo permette di scoprire». Ora, parafrasando, io credo che anche un gioco può essere in grado di far scoprire cose che solo un gioco permette di scoprire.
Ho pensato a questo leggendo questo lungo e bel articolo del The New Yorker, intitolato The personal, political art of board-game design, di Matthew Hutson. Parla della maturità artistica e della autorialità ormai raggiunte dai giochi da tavolo, raccontando in maniera particolare la storia di Amabel Holland, una game designer. La folgorazione che ha portato Amabel ad occuparsi di giochi (dopo che altri tentativi di produzione creativa erano stati fallimentari) è accorgersi che «si poteva creare un gioco da tavolo su quasi tutto e, quando lo si faceva, le sue regole potevano rispecchiare e analizzare l'argomento su cui si basava».
Insomma, i boardgame possono essere una forma di espressione creativa e in quanto tale sono dotati di un loro specifico linguaggio. L'unità base di questo linguaggio sono le meccaniche. In gergo con meccanica si intentono tutte le azioni previste dalle regole che i giocatori possono compiere (ad esempio acquistare terreni e costruire case sono due delle meccaniche del Monopoly). Nella sua essenza un gioco è la somma delle sue meccaniche.
Le meccaniche possono essere molto semplici: in genere, prese singolarmente, lo sono quasi sempre; è il loro combinarsi insieme a creare la complessità. Alcune sono comuni a molti giochi (ad esempio muovere le pedine su un tabellone), mentre i titoli più sperimentali ne possono creare di inedite. Recentemente è stata realizzata una enciclopedia delle meccaniche che ne raccoglie circa duecento.
Stiamo vivendo un'epoca dell'oro per i boardgame, non solo per un fatto di crescente popolarità e successo (nell'articolo del The New Yorker leggiamo che «si prevede che il fatturato annuale del settore passerà da circa un miliardo di dollari nel 2017 a quasi cinque miliardi nel 2026») che ha aumentato il numero e la varietà di giochi pubblicati, aprendo spazi anche per i game designer indipendenti; ma anche perché i giochi, a partire dalla metà anni '90, hanno cominciato ad entrare in una fase di maturità, dimostrata dalla crescente complessità dei nuovi titoli. Continuiamo a leggere l'articolo di Hutson:
Nel 2021, alcuni ricercatori hanno analizzato i diecimila giochi con il ranking più alto sul sito BoardGameGeek e hanno scoperto che, tra il 2000 e il 2020, il numero medio di meccaniche nei nuovi giochi è aumentato da circa due e mezzo a quattro. Il gioco Gloomhaven del 2017, che per anni ha mantenuto la valutazione più alta sul sito, utilizza diciannove meccaniche.
«I designer si stanno concentrando maggiormente sull'esperienza che i giocatori stanno vivendo e stanno utilizzando un kit di strumenti più potente per costruire giochi migliori», mi ha detto Geoff Engelstein, docente di alla New York University e co-autore dell'enciclopedia delle meccaniche di gioco.
I giochi da tavola sono quindi un linguaggio che sta diventando sempre più complesso e profondo. E quindi in grado di comunicare sempre più cose. Sono queste le potenzialità che probabilmente ha scorto Amabel Holland quando si accorse che si potevano creare giochi «su quasi tutto». Anche su quello che non ti aspetteresti da un gioco.
La stessa Holland ha dichiarato di essere interessata soprattutto alla «capacità dei giochi di affrontare argomenti difficili. E mi interessa il modo in cui le meccaniche possono essere usate per farlo». I suoi lavori si inseriscono in una tendenza, ormai diffusa, di creare boardagame che affrontano temi storici e sociali. La lotta per l'abolizione della schiavitù, le forze del mercato, una storica spedizione al Polo Sud, la transizione di genere, il recupero da un trauma cranico... sono i temi e le esperienze su cui sono basati alcuni dei giochi recenti citati nell'articolo del The New Yorker.
Il gioco sta svelando, dunque, le sue potenzialità di medium che non parla di qualcosa, ma invita chi ne fruisce ad agirci e interagirci. Qui sta la sua specificità, le sue capacità di "scoprire ciò che solo un gioco può scoprire", permettendo di esplorare scenari, idee, dinamiche che magari altrimenti rimarrebbero estranei.
Rassegna 🗞️
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L’invasione della gamification
Diario di visione📽️
Anni '80, centro Italia, un gruppo di scalcagnati tombaroli vivacchia cercando e depredando antiche cripte etrusche. Tra di loro c'è Arthur, un inglese malinconico e scontroso che vive in una baracca, dotato di straordinarie capacità rabdomantiche. Forse sta cercando un passaggio per l'aldilà attraverso cui ricongiungersi con la ragazza che continua ad apparirgli in sogno.
La chimera, l'ultimo film di Alice Rohrwacher, vive tutto sull'equilibrio tra il realismo spicciolo e il poetico, così come il suo protagonista si muove al confine tra il mondo "in superficie" (una realtà fatta di boschi, paeselli, ville fatiscenti, personaggi che vivono ai margini) e quello sotterraneo (muto, enigmatico, minacciato dall'invasione del "mondo di sopra") delle tombe etrusche a cui è misteriosamente legato.
Un film ambizioso, che procede a strappi, mescolando materiali diversi (anche visivamente con l'alternanza di diversi formati, passando dal 35 mm al 16 mm dei filmini amatoriali dell'epoca), ma che riesce ad essere meraviglioso anche quando sembra girare a vuoto.
Per approfondire vi segnalo anche questa bella recensione
Cose mie
Sul finire del 2023 è uscito per Everyeye.it questo mio articolo su Philip K. Dick, una sorta di introduzione (con il focus su i suoi romanzi più significativi) dello scrittore di fantascienza che, più di tutti, ha saputo anticipare lo spirito del nostro presente.
Una citazione per concludere🖋️
L'uomo gioca solo quando è un uomo nel pieno senso della parola, ed è completamente uomo solo quando gioca
Friedrich Schiller
E anche per oggi siamo arrivati al termine di questo caffè.
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