Eccoci di nuovo. Bentrovati. Io sono Marcello Conti e questa è Caffè Letterato, la newsletter su giornalismo culturale e dintorni.
È tornata l'estate, a Roma fa già caldissimo, ma qui si continua a selezionare gli articoli più interessanti usciti sulle riviste culturali nelle ultime settimane.
Il menù di oggi prevede un paio di interviste: una è sui giochi di ruolo, mentre con l'altra torniamo a parlare di scrittura con l'IA. Dopodiché diamo un'occhiata a quello che potrebbe essere il futuro di internet. E in chiusura vi segnalo la nuova puntata di Linea C, in cui si chiacchiera di editoria e non solo.
Oggi non mi dilungo oltre. Buona lettura!
Rassegna🗞️
Uno scrittore parla di giochi di ruolo
Iniziamo con una lunga intervista pubblica su Limina. L'intervistato è lo scrittore Vanni Santoni e l'argomento sono i giochi di ruolo.
Nel corso della loro storia (che ha da poco superato il mezzo secolo) i gdr alla Dungeons and Dragons sono stati dati più volte per morti. E, invece, sorprendentemente in questi ultimi anni stanno godendo di una popolarità senza precedenti, finendo per diventare un fenomeno culturale sempre più rilevante. Vale quindi la pena di ragionarci attorno.
Santoni ai gdr aveva dedicato un romanzo (La stanza profonda, uscito nel 2017 per Laterza), ma soprattutto è da parecchi decenni un appassionato giocatore. Nella lunga conversazione tocca parecchi punti interessanti: ad esempio la differenza tra videogiochi di ruolo online e gdr tradizionali e come i primi stanno modificando gli approcci ai secondi. Molto spazio poi è occupato dalla riflessione sul se e come giocare di ruolo possa influenzare la creatività di uno scrittore. Ma una delle questioni più interessanti - soprattutto per Santoni, che nel suo libro descriveva l'ambiente dei giocatori di ruolo come una sottocultura - riguarda come sta evolvendo tale dimensione sottoculturale (se può ancora definirsi tale) ora che i gdr sono sempre meno una nicchia.
C’è una domanda che in realtà avrei dovuto fare prima, però mi è venuta adesso. Secondo te il GDR è ancora una controcultura?
Grande domanda. Per certi versi sì, nel senso che il gioco di ruolo continua a essere non competitivo, in una società che invece premia molto la competizione. Continua a essere potenzialmente non commerciale in una società totalmente consumistica. Certo, se vuoi giocare “da consumista” a D&D, loro non aspettano altro e ti riempiono di manuali, sourcebook, dadi, miniature, gadget e tutto quello che vuoi. Però la verità è che se tu compri i manuali, puoi giocare per tutta la vita senza mai comprar nient’altro. Questo è evidentemente in contrasto con l’ideologia consumistica in cui viviamo.
Dall’altro lato si inizia a capire che il “nerdom” è diventato solo una parte del mainstream, e anche una parte del mainstream fra le più sgradevoli: è diventata una vasta sottocultura che non di rado presenta tratti “tossici”, anche se ci sono ancora dentro un sacco di persone molto intelligenti. Certamente però il nerdom oggi è qualcosa che non ha più niente di controculturale, dato che i nerd hanno letteralmente vinto: molti uomini, anche alcuni tra i più ricchi del mondo, di quelli che influenzano negativamente la politica mondiale, hanno delle affinità con quel mondo là; e ci sono in genere altre degenerazioni che in qualche modo sono collegate a tutto quel nerdom che si è anche un po’ destrificato. Però è normale: quando una sottocultura si fa mainstream, non può che perdere la sua accezione sovversiva. Però il gioco di ruolo in sé, senza guardare la comunità che si è formata attorno, ormai è un fatto così “macro” che non è più valutabile in questo senso. È come parlare della gente in senso ampio. Nel momento in cui i giocatori sono decine, centinaia di milioni, non c’è più la nicchia, quindi non ha più neanche senso fare le tassonomie. Bisognerebbe giudicare gruppo per gruppo, sottosezione per sottosezione.
Scrivere con l’IA
Il rapporto tra scrittura e intelligenza artificiale è un argomento di cui necessariamente si è parlato e si continuerà a parlare molto. Non molto tempo fa in questa sede (cioè qui) abbiamo trattato del caso di Jianwei Xun. Ma prima c'era stato un altro episodio che aveva fatto molto discutere: la vittoria di un premio letterario giapponese di un romanzo la cui autrice, Rie Qudan, aveva dichiarato essere stato scritto in parte con l'aiuto dell'IA. La cosa aveva destato scalpore, nonostante la scrittrice aveva fatto sapere che solo il 5% del suo libro fosse stato generato con l'IA, usata per altro in maniera coerente con i contenuti (si tratta di un romanzo di fantascienza e quel 5% corrisponde alle parti in cui parla un personaggio che effettivamente è una intelligenza artificiale).
Sull'Indiscreto è stata pubblicata una intervista proprio a Rie Qudan, firmata da Francesco D'Isa, in cui si riflette sulle opportunità e le potenzialità degli usi dell'IA applicati alla narrativa.
Vale la pena di leggerla anche solo per l'approccio equilibrato della scrittrice giapponese alla questione: non c'è alcuna profezia dell'IA come "futuro della scrittura", anzi viene dimostrata una certa consapevolezza dei limiti della tecnologia. D'altra parte non c'è neppure diffidenza pregiudiziale verso lo strumento o paura che "soppianterà gli scrittori umani".
C'è invece sana curiosità e voglia di sperimentare uno strumento che potrebbe aprire nuove possibilità per la creatività. Purché (ovviamente) non venga usato pigramente, per delegare la scrittura o l'atto creativo alla macchina, ma piuttosto come elemento da includere e con cui dialogare nel processo creativo.
Ogni volta che una persona creativa ammette di aver usato l’IA nel proprio lavoro scoppia un putiferio, mentre centinaia di milioni di persone la utilizzano (talvolta di nascosto) per lavorare senza che nessuno batta ciglio. Perché letteratura e arte provocano un’indignazione morale maggiore rispetto ad altri settori?
Gli esseri umani nutrono l’aspettativa che l’arte possa aprire nuovi orizzonti. Nella maggior parte dei casi, le persone si aspettano che le opere d’arte vengano realizzate grazie alle capacità individuali e uniche dell’artista. Non nego questo sentimento, perché esiste anche dentro di me. Tuttavia, l’essere umano non vive da solo, né crea da solo. Anche io, per completare Tokyo Sympathy Tower, ho letto più di cento libri come materiale di riferimento. Non sono mai stata un’architetta, quindi fare ricerche preliminari sull’architettura è stato del tutto naturale. L’intelligenza artificiale generativa potrebbe essere in grado di abbreviare questo processo di ricerca.
Tuttavia, per me, scrivere un romanzo non significa concentrarsi unicamente sul risultato finale, cioè il completamento dell’opera. È proprio nel processo di scrittura che nasce un significato fondamentale
La fine dei link
Continuiamo a parlare di IA, che a quanto pare potrebbe presto cambiare radicalmente internet così come la conosciamo. Lo racconta Andrea Daniele Signorelli in questo articolo pubblicato su Link.
Le IA stanno progressivamente sostituendo il lavoro dei motori di ricerca. Probabilmente avrete notato che lo stesso Google risponde a molte ricerche generando una risposta scritta da un'IA che precede l'elenco di link. Sembra quindi che siamo sulla soglia di un grande cambiamento nella nostra maniera di usare il web: presto, per cercare informazioni non faremo più ricerche attraverso diversi siti, ma ci affideremo completamente ai testi generati dall'IA che compiono la ricerca per noi.
Ma la cosa potrebbe essere un problema. Innanzitutto per la possibilità delle cosiddette allucinazioni delle intelligenze artificiali. Ma soprattutto, un simile modo si cercare informazioni dissuade dal visitare i siti che caricano informazioni originali e da cui la IA attinge: siti che, dunque, alla lunga non avranno più senso e modo di esistere. Il risultato potrebbe essere un web sempre più povero a cui ci approcceremo in maniera sempre più passiva, oltre che sempre più mediata (e quindi controllata) a monte dalle big tech che possiedono i sistemi di IA.
Un futuro in cui il web è senza link è quindi un futuro in cui sempre meno realtà editoriali sono economicamente motivate a creare contenuti di qualità, in cui la nostra esperienza di apprendimento diventa più passiva e in cui pochi colossi conquistano un potere sempre maggiore, arrivando potenzialmente a plasmare l’informazione e quindi la nostra percezione della realtà.
In breve
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Cose mie
Nuova puntata per Linea C, il podcast dal vivo in cui intervistiamo personaggi interessanti del mondo della cultura.
In questo episodio abbiamo incontrato Silvia Costantino, della casa editrice effequ. Ci ha raccontato della sua vita e della sua carriera nel mondo culturale, dalla rivista culturale indipendente 404: file not found a effequ, passando per altri progetti interessanti come Firenze Rivista. A unire le esperienze la curiosità, la voglia di dire qualcosa sul presente e anche di provare a cambiarlo, nonché una prospettiva "storta" sull'editoria.
Se vi interessa trovate, come sempre, l’episodio su YouTube
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E per oggi è tutto.
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Ci vediamo tra una settimana!