Ciao e bentornati. Io sono Marcello Conti e questa, come sempre, è Caffè Letterato, la newsletter su giornalismo culturale e dintorni.
Negli articoli che vi segnalo oggi nella rassegna settimanale passiamo per libri, film e videogiochi. Ma un fil rouge attraversa carta, pellicola e mondi digitali nei pezzi selezionati: una attrazione per il passato (individuale o collettivo) che sembra essere una delle cifre di questi tempi.
Ma prima di lasciarvi alla lettura degli articoli, ricordo che questa settimana inizia il Salone del Libro di Torino. Io sarò sicuramente in giro per il Salone il 16 e il 17 maggio. Se siete anche voi da quelle parti becchiamoci.
Rassegna🗞️
Grammatica delle copertine
"Un libro non si giudica dalla copertina", recita una famosa frase fatta. Eppure la copertina non è un elemento neutro per un libro, costituisce uno degli elementi di quel paratesto (cioè quel "testo intorno al testo" da cui inizia la vera lettura di un libro) indagato da Gérard Genette in Soglie (un classico della critica letteraria, ancora oggi molto vitale, come quasi tutto quello scritto da Genette). E poi, al di là di quello che una singola copertina ci può dire di un singolo libro, certamente molte copertine dicono qualcosa di significativo sul mercato editoriale.
È questa la premessa alla base di Bestseller a prima vista di Valentina Notarberardino, articolo uscito su Snaporaz in cui si analizza dettagliatamente tutto un filone di copertine, con una estetica ben definita e continuamente replicata, nato sull'onda del successo de I leoni di Sicilia di Stefania Auci.
Vedere la ricorsività di queste copertine da un lato svela le logiche "algoritmiche" di certa produzione libraria, ansiosa di ripetere ciò che ha funzionato (o almeno gli elementi superficiali e immediatamente riconoscibili di ciò che ha funzionato), dall'altro forse dice qualcosa (ed è questo il vero punto dell'articolo) sui consumi culturali: che cosa oggi può rendere attraente un libro? Qualcosa, si direbbe, che richiama ad un passato idealizzato.
Chiudiamo un attimo le palpebre e immaginiamo queste copertine affiancate in una vetrina ideale. Riapriamoli: ci troviamo di fronte a un affresco compatto e riconoscibile, dominato da volti di donna. Gote in rilievo, trecce, abiti d’epoca, luci morbide che evocano sogni. Gli uomini quasi scompaiono, tranne in rare eccezioni. Non è solo estetica: secondo una recente ricerca AIE le donne leggono di più. Su di loro quindi si tenta di costruire un immaginario visivo potente. Scelte che non anticipano la trama, ma creano un’atmosfera. L’Italia che intuiamo è quella della memoria, non della cronaca. A legare il tutto è lo sguardo femminile, anche quando è laterale, incerto o celato, che apre uno spazio emotivo. Anche se cambiano editori, art director e tecniche (dipinti, fotografie, illustrazioni, rielaborazioni moderne) resta invariata la sensazione: quella di entrare in un mondo che ci somiglia, pronto ad accoglierci con storie che possiamo riconoscere emotivamente. In questo quadro, a fatica si distinguono editori e autori.
Nostalgia filmata
Continuando a parlare di tendenze nel mercato dei prodotti culturali, in molti si saranno già accorti che negli ultimi anni la nostalgia è una merce che va fortissimo. In questo articolo pubblicato su Il Tascabile, Archiviare la giovinezza,
riflette sulle forme che questa ricerca del nostalgico assume nel cinema indipendente.In tanti recenti film "alla Mubi" la «nostalgia mediale» (definizione di Emiliano Morreale) è alla base di una precisa estetica che richiama le immagini di archivio e i video amatoriali dei filmini di famiglia. Il pezzo, oltre ad analizzare gli stilemi di questa estetica, ne segnala gli aspetti più insidiosi, come la creazione di un rapporto con il passato (e con la giovinezza) falsato e feticistico, con la conseguente perdità delle vere potenzialità vitali delle forme che questi film imitano.
Gli home movies diventano un mero stile estetico che produce una sensazione di nostalgia astorica, finendo per perdere esattamente il loro duplice potenziale intrinseco: da una parte il rapporto diretto con il mondo del passato (qui si parla di memoria e non di nostalgia, perché come ci ricorda sempre Morreale la prima è il contenuto del passato, mentre la seconda è la modalità di trasmissione) e dall’altra la possibile risignificazione nel presente (il rimontaggio d’archivio non è solo didascalico, ma ha potenzialità creativa nella giustapposizione di immagini sempre diverse e sempre in grado di far nascere nuove narrazioni e visioni). Gli home movies fittizi quindi non sono un vero archivio perché perdono il valore storico, diventando solamente un’estetica che svuota di significato l’immagine stessa
Ritorno a Biancavilla
Restiamo in tema nostalgia. E anticipiamo anche una cosa di cui parleremo più sotto. Nell'ultima puntata pubblicata di Linea C abbiamo avuto come ospite Valentina Tanni. Tra le altre cose si è finito a parlare di videogiochi e del loro impatto culturale. In particolare Tanni ha fatto riferimento a una esperienza comune a chiunque abbia spesso un quantità di tempo significativa videogiocando: conservare ricordi di esperienze virtuali che mentengono la stessa consistenza dei ricordi di esperienze reali. Qualunque videogiocatore ha nella memoria diversi luoghi virtuali, che non percepisce in maniera diversa rispetto a tanti luoghi reali. E magari, in alcuni casi, con lo stesso affetto.
Sembra nascere da considerazioni simili, Mentally I'm here una nuova serie di articoli brevi di Link, dedicati appunti ai luoghi delle nostre memorie digitali. Si inizia con
che racconta un luogo che tocca le corde nostalgiche di buona parte dei millennial: Biancavilla, la città da cui iniziavano le prime avventure nel mondo Pokemon su Game Boy, che è anche uno degli esempi più paradigmatici di starter town, luogo concettualmente molto importante in tanti videogame.In breve
Ad ognuno il suo podcast
Attualità delle immagini del paleolitico
Rileggere Neil Postman
Cose mie
A lezione da Ortega y Gasset
Qualche giorno fa è uscito su Rivista Stanca un articolo che da tempo meditavo di scrivere. Si intitola Gli alberi e il bosco ed è una rilettura dei primi capitoli di Meditazioni del Chiosciotte di José Ortega y Gasset interprentandoli come una sorta di manifesto programmatico per l’attività culturale in tutte le sue forme.
In questo senso si inizia a capire cosa intendeva Ortega y Gasset parlando di «amore intellettuale». Ad essere richiesta è una attenzione amorosa per l’oggetto di cui ci si sta occupando. L’oggetto non va solo studiato freddamente, va “trasfigurato”, “perfezionato”, “santificato” («Siano santificate le cose!»), “salvato”. È quello che, ad esempio, fa la buona critica, che all’interno di questo modello può essere descritta come una sotto-categoria specifica dell’attività culturale: nella critica l’oggetto che si mira di condurre alla sua potenziale pienezza è un’opera creativa. Il vero scopo della critica non è valutare un’opera, ma completarla o ampliarla: è «un fervido sforzo per potenziare l’opera scelta»
Linea C
Come anticipavo poco sopra, è uscita anche una nuova puntata di Linea C. Questa volta abbiamo avuto come ospite Valetina Tanni, storica dell’arte e docente, tra le voci più interessanti e preparate tra chi si occupa di culture e forme di creatività del web.
Abbiamo parlato di esetiche di internet, dalla vaporwave all'italian brainrot, e in generale di come si manifesta la creatività collettiva online; ma anche di come, nonostante tutto, il web può essere ancora un posto molto interessante dove passare il tempo. Tra gli altri temi si è chiacchierato dell’arte fatta dall’intelligenza artificiale e di come in rete tecnologia e spiritualità possono fondersi.
Come sempre potete vedere la puntata su YouTube
Oppure ascoltarla su Spotify
E per oggi è tutto.
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Settimana prossima l’uscita salta, causa Salone del Libro. Quindi ci vediamo tra due settimane!