Bentrovati. Io sono Marcello Conti e questo è Caffè Letterato, la newsletter su giornalismo culturale e dintorni.
Oggi è una di quelle volte in cui approfitto di questa newsletter per buttare giù qualche riflessione personale sulla scrittura di articoli culturali, nella speranza che possano rivelarsi interessanti anche per qualcun altro.
A questo giro scrivo a proposito degli attacchi, ovvero degli incipit degli articoli e dei due modi fondamentali in cui si possono fare.
Ma prima, come sempre, c'è la rassegna coi pezzi più interessanti delle ultime due settimane. Buona lettura!
Rassegna🗞️
Pasolini, Fortini, Testori, Sciascia: quando le «voci urticanti» della cultura scrivevano sui giornali
TikTok e l’era delle contro-narrazioni
Insegnare letteratura mentre il Titanic affonda: riflessioni sulla scuola
Lino Aldani e la via italiana della fantascienza
Le droghe di William Burroughs e Philip Dick
All’attacco!
Scrivere un articolo può presentare molte difficoltà di ordine diverso. Ma, per quel che mi riguarda, ho notato che c'è soprattutto una variabile che determina se per me la scrittura di un pezzo sarà semplice oppure impegnativa: l'attacco. Quando ho in mente chiaro un incipit da cui far partire l'articolo ci sono buone probabilità che la stesura sarà in discesa o quasi. Quando, al contrario, mi siedo alla scrivania senza un'idea precisa su come cominciare (anche quando, poni caso, ho invece chiarissimo cosa conterrà e come sarà strutturato il pezzo) so che sarà una faticaccia.
Che l'inizio di un articolo sia importante, che svolge una funzione fondamentale di soglia, che deve essere in grado di agganciare l'attenzione del lettore e convincerlo a proseguire, sono considerazioni ovvie che troverete in qualunque abbiccì di scrittura giornalistica. Altrettanto ovvio, dunque, è che la scrittura di un attacco meriti particolare cura.
Lungi da me provare qui a tracciare delle regole su come scrivere un buon attacco. Magari le sapessi: mi risparmierei la fatica di quella che in molti casi è, come dicevo, la parte più difficile dell'articolo. E poi ho il sospetto che siamo in uno di quegli ambiti in cui avere delle regole precise da seguire sarebbe controproducente: l'attacco che funziona di più è quello non prevedibile.
Quello che volevo fare qui, piuttosto, è tentare di abbozzare le prime tracce di una fenomenologia degli incipit degli articoli culturali. In quanti modi può iniziare un articolo? In tantissimi, ovviamente. Eppure mi pare che si possano ricondurre quasi tutti gli attacchi a due tipi fondamentali, che in qualche modo corrispondono a due altrettanto fondamentali atteggiamenti con cui si può introdurre i lettori nell'argomento del pezzo. Non so se qualcuno ha già coniato una terminologia per descriverli, ma io per me li chiamo attacchi centrati e attacchi decentrati (nomenclatura alternativa: attacchi dritti e attacchi storti)
Gli attacchi centrati o dritti sono sostanzialmente quelli che mettono subito in chiaro quello di cui si parla. Introducono immediatamente il tema o i temi del pezzo. Nei casi degli articoli più complessi possono anche fare, nel giro dei primi paragrafi, una sorta di indice interno che anticipa i singoli punti che si andranno a toccare nel proseguo, come in una myse en abime dell'intero articolo all'inizio dell'articolo stesso.
In generale un attacco centrato è più semplice da scrivere di un attacco decentrato perché meno creativo (come vedremo) e quindi più "automatico": una volta che uno sa cosa deve scrivere (ed è improbabile che uno si metta a buttare giù un pezzo senza saperlo) ha la strada già tracciata. Tuttavia richiede una abilità non scontata per evitare il rischio di cadere nel didascalico, che è appunto il difetto che più spesso si può imputare a questo tipo di incipit.
Possiamo dire che è la "scelta prudente e razionale". È quella che punta sulla chiarezza, che non vuole correre il rischio che il lettore possa trovarsi spaesato e quindi gli fornisce subito una mappa e le informazioni essenziali affinché sia preparato a quello che segue. Certo, come tutte le scelte prudenti e razionali può facilmente essere percepita come una scelta noiosa.
Quelli che io chiamo attacchi decentrati o storti, invece, sono quelli che "la prendono alla larga". Posticipano il momento in cui verrà messo in chiaro di che cosa l'articolo parla e preferiscono partire lontani dal cuore del pezzo (decentrati appunto), da una sua possibile diramazione e prendersi qualche paragrafo prima di arrivare al punto.
Scegliere un attacco decentrato significa dare al pezzo un andamento più narrativo (laddove nessuna buona storia spiattella in partenza dove vuole andare a parare). Richiede un maggiore sforzo di creatività poiché chi scrive è chiamato a trovare un punto di partenza non scontato e poi andare costruendo la strada che lo porterà al tema centrale dell'articolo (che chiaramente ad un certo punto dovrà essere esplicitato) in maniera abbastanza coerente e convincente da non fare sembrare l'incipit pretestuoso.
Un attacco di questo tipo può giocare a sorprendere tanto più è lontano (almeno apparentemente) il punto di partenza e più inaspettato il collegamento con il cuore del pezzo. Ovviamente, ciò comporta una certa spericolatezza e più si tira la corda e più occorre abilità e impegno per riuscire ad annodare in maniera sensata il filo del discorso.
Il vantaggio è che questo tipo di incipit è quasi sempre più vivace. Rischia di generare confusione nel lettore, ma insieme dà in mano più strumenti per catturare la sua attenzione. Personalmente trovo che sia anche più "letterario" (il che, quando si parla di giornalismo culturale, non è un fatto secondario) e soprattutto più libero: mentre per l'attacco decentrato è pressappoco chiaro a priori cosa deve fare e a chi scrive spetta il compito di farlo il meglio possibile, in quello decentrato si trova davanti a possibilità potenzialmente infinite ed è chiamato a trovare quella migliore.
Comodino (letture in corso)📚
Gli automotivati. La love story tra scuola e motori, di Paolo La Valle (Alegre)
3. Un’aspriazione al fuori, di Geoffroy De Lagasnerie (L’Orma)
E anche oggi il caffè finisce qui.
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A presto!
Mi hanno sempre detto che avevo una bella scrittura, ma quando si trattava di incanalare idee su un argomento in una struttura ben chiara come un articolo, un disastro!
Immagino quanto sia complesso ma anche affascinante lavorare come un fine scalpellino per dare origine a queste strutture. Quando li leggi scorre tutto liscio senza intralci ma, sempre che a scuola si facciano ancora queste cose, quando ti cimenti ti rendi conto di quanto complesso e per nulla banale sia. Quanto è affascinante la scrittura in tutte le sue forme!