Buongiorno e buon inizio settimana! Io sono Marcello Conti e questo è Caffè letterato, la newsletter che si occupa di giornalismo culturale e dintorni.
Questo numero esce straordinariamente di lunedì, causa un po' troppi impegni che si erano accumulati verso la fine della scorsa settimana.
Tra l'altro in queste settimane sono uscite un po' di cose fatte da me che vi segnalo più sotto. Ma prima dico la mia su una polemichetta intorno al Premio Strega
Rassegna 🗞️
Cartografia fantastica e sentimento isolano
Perché Kafka è il padre dei migliori romanzi che si scrivono oggi?
Cosa significa essere umani secondo Björn Larsson
Adelphi: storia (e mito) di una casa editrice
I mondi (e gli umani) fantastici di Alice Rohrwacher
Il dibattitto intorno alla traduzione automatica
Ancora numeri
Qualche giorno fa sono usciti i 12 finalisti del Premio Strega di quest'anno (li trovate qui).
Ma oggi non parleremo dei libri in lizza al più noto premio letterario italiano, anche perché ammetto di non averne ancora letto nessuno (magari recupererò qualcosa prossimamente). Parliamo invece di una cosa di cui si è discusso un po’ in questi giorni, soprattutto sui social.
Poche ore dopo l'annuncio dei finalisti, Riccardo Cavallero (ex direttore generale di Mondadori Libri e co-fondatore di SEM) ha pubblicato, in un post su Facebook, i dati di vendita dei libri che si contenderanno lo Strega. Eccoli qui:
La fonte è Gfk, l'istituto di ricerca considerato più affidabile per quanto riguarda i dati del nostro mercato librario.
Questa tabella ha iniziato a circolare per i social, alzando un discreto polverone e suscitando (per parlare come in un servizio del tg) la famosa ironia del web. Molti semplicemente si sono mostrati sbalorditi, o addirittura indignati, che tra i candidati al premio letterario più prestigioso del nostro Paese ci fossero libri che hanno venduto così poche copie.
"In che senso 324? Ahaha", "Che tristezza!", "Alcuni giusto i parenti e gli amici...", "Vende di più il giornalino della parrocchia", sono alcuni dei commenti che ho raccolto in discussioni su Twitter e Threads.
Ora, al di là del fatto che questi dati dovrebbero far riflettere più sul mercato editoriale italiano in generale (ma qui non mi addentro) che sullo Strega, ci sarebbe da chiedersi: ma il numero di copie vendute è rilevante quando si parla di un premio letterario? Dice forse qualcosa sul valore dei libri in questione? No, ovviamente.
Eppure, oggi pare che ci sia un riflesso condizionato che spinge a cercare il valore delle cose nella misurabilità di un dato numerico. Cosa particolarmente controindicata o quando si parla di libri o di qualunque altro oggetto artistico, dato che per sua natura il valore estetico è qualcosa che resiste a questo tipo di quantificazione. Non si può esprimere la qualità di un romanzo in un "punteggio". E allora, l'unico numero a cui ci si può riferire diventa quello delle vendite.
Un sintomo di questa tendenza lo si poteva già trovare nella trovata pubblicitaria di riportare trionfalmente i numeri di vendita (quando sono alti, ovviamente) nelle fascette dei libri di succeso. Ora vediamo come, viceversa, si è quasi automaticamente indotti a pensare che sia sbagliato che libri con "numeri bassi" concorrano ad un premio. Quando in realtà varrebbe il contrario: è un buon segno se un premio prende in considerazione chi ha venduto poco. Innanzitutto perché significa che non è dominato (per lo meno nella fase della selezione dei finalisti) da logiche puramente commerciali, cosa che renderebbe il premio perfettamente inutile (che senso ha premiare ciò che è già stato premiato dal mercato?). Anzi, se romanzi che hanno venduto poco vengono selezionati, bisognerebbe rallegrarsene: significa che libri meritevoli (e se non sono meritevoli, be', allora è sbagliato che concorrano a prescindere da quanto hanno venduto) che fino ad ora hanno ottenuto poca attenzione ora probabilmente la otterranno.
Ma da dove viene questa mania per il numero? A costo di sembrare banale direi che un parte della responsabilità ce l'hanno i social. È frequentandoli che ci siamo abituati a un contesto dove tutto è "numerizzato".
Sui social l'importanza di ciascuno attore è immediatamente quantificabile dal numero di follower. Ogni contenuto partecipa implicitamente a una gara i cui risultati sono registrati precisamente dal numero di like e interazioni.
"Gara" è forse la parola più giusta. Perché a tenere in moto i social network, a renderle così coinvolgenti, c'è una sorta di gamification maligna. I suoi meccanismi sono studiati in un modo tale per cui ci si ritrova a competere incessantemente. Si gioca una infinita partita per l'attenzione. E in una partita, alla fine, conta solo quanti punti si fanno. Contano solo i numeri.
Come sempre, quando si parla di social, il più grosso problema è che stando tanto spesso immersi in certe dinamiche, finisce che queste rimangano appiccicate addosso senza neanche che ce ne si renda conto: inavvertitamente si finisce a giudicare tutto in base ai suoi numeri.
Post scriptum
Prima di chiudere aggiungo due segnalazioni per chi volesse approfondire.
Innanzitutto questo articolo da Ultima Pagina, che aiuta a inquadrare meglio i dati sulle vendite di cui abbiamo parlato. Ricordando, ad esempio, che per interpretare quei numeri bisognerebbe tenere conto di elementi come la data di uscita (ovvio che chi è in libreria da poche settimane ha numeri bassi) e le case editrici (altra ovvietà: i libri pubblicati da piccole case editrici non hanno le stesse aspettative di vendite di quelli pubblicati dalle grandi) dei singoli volumi. I numeri presi in assoluto, insomma, significano poco anche da un punto di vista esclusivamente commerciale.
E poi, per parlare anche dei contenuti dei libri dello Strega, consiglio la lettura di Caccia allo Strega, un ottimo saggio di Gianluigi Simonetti uscito l'anno scorso: una serrata analisi letteraria delle caratteristiche tipiche del "libro da Premio Strega" degli ultimi anni.
Cose mie
Chi segue le mie rassegne di articoli culturali già saprà che Il Tascabile è una delle mie riviste preferite. Sono quindi molto felice di averci inziato a scrivere anche io. Potete leggere l’articolo qui. Si intola No ego ed è un approfondimento su alcuni dei temi principali di Doppelganger, l’ultimo libro di Naomi Klein. Si parla quindi di tema del doppio, di identità precarie, di teorie del complotto e di personal branding. Tra una cosa e l’altra si incrociano anche Borges e Black mirror
Di recente è uscito un altro mio articolo, questa volta su Nido. Lo trovate qui. Si parla di nuovo di un saggio molto interessante: Giocare è un’arte di C. Thy Nguyen. Si parla dei giochi come prodotti estetici, di agency e di manipolazioni
Infine segnalo un nuovo episodio del mio podcast. L’ospite è
(tra le altre cose autrice della newsletter , che vi consiglio) autrice de Il fronte psichico. Insieme abbiamo parlato di salute mentale e delle questioni socio-politiche che ci stanno intorno. Cliccate qui sotto per ascoltare:
E pure questo caffè del lunedì è giunto al termine.
Se hai voglia di recuperare le uscite precedenti le trovi tutte qui
Prima di salutarti ti ricordo che puoi supportare il progetto dandomi una mano a fare conoscere Caffè letterato: inoltra questa newsletter, condividila, consigliala. E ovviamente, se non l’hai ancora fatto, iscriviti.
Ciao e alla prossima!
Bellissimo numero, grazie Marcello!