Bentrovati. Io sono Marcello Conti e questo è Caffè Letterato, una newsletter che si occupa di giornalismo culturale e dintorni.
Se questa non è la prima volta che siete qui, probabilmente noterete un piccolo cambiamento nella struttura: ho deciso di spostare la rassegna dei migliori articoli culturali usciti nelle ultime settimane in apertura, prima del consueto articolo scritto da me.
L'ho fatto perché la rassegna è il cuore di questa newsletter, così come è stata concepita. È anche la parte che mi richiede più lavoro e che può offrire gli spunti più interessanti. Quindi ho deciso di valorizzarla maggiormente "promuovendola" in questa posizione.
Detto questo vi lascio alla lettura. Oggi, subito dopo i link, parliamo di film.
Rassegna 🗞️
Ridateci la Geografia (e toglieteci un po’ di geopolitica)
A proposito di scuola: Perchè i programmi scolastici dovrebbero essere come i missili inteligenti?
Meme che non vogliono farti ridere
L’insostenibile leggerezza dei prodotti culturali all’epoca della scomparsa dei supporti fisici
L’arte di morire nei videogame
Storia delle buone maniere, tra controllo delle emozioni, identità di classe ed esercizi di potere
Le immagini nella scrittura di Samuel Beckett
Previsioni per il 2024 (spoiler: si parlerà ancora parecchio di IA e diritti d’autore)
E voi come vivrete?
Nelle ultime due settimane sono andato due volte al cinema: ho visto due film con elementi importanti in comune, eppure diversissimi tra loro.
Erano Il ragazzo e l'airone di Hayao Miyazaki e Perfect days di Wim Wenders. Entrambi sono film giapponesi (nel senso di prodotti e ambientati in Giappone), entrambi sono gli ultimi film usciti di due mostri sacri del cinema ormai avanti con l'età, in entrambi si respira una malinconia esistenziale, un senso di fine imminente e di necessità di fare un bilancio e pensare a quello che resterà dopo di noi (non è detto, per nessuno dei due film, che saranno gli ultimi dei rispettivi autori, ma se si rivelassero tali non sarebbe difficile leggerli come un congedo).
Eppure le sensazioni che ispirano sono totalmente diverse: un pessimismo che sfiora il nichilismo in Miyazaki, un senso di pace, di riconciliazione con la vita e di una possibile, piccola ma concreta, felicità in Wenders.
Il titolo originale de Il ragazzo e l'airone è traducibile in "E voi come vivrete?", ma in qualche modo si potrebbe dire che anche Perfect days ponga la stessa domanda. Solo che nel film di Miyazaki il quesito risulta angosciante, in quello di Wenders è un pacato invito alla riflessione sulla possibilità di decidere quello che vogliamo essere.
Mentre guardavo Il ragazzo e l'airone mi è capitato in tanti momenti di rimanere incantato davanti all'indiscutibile bellezza e poesia delle immagini che passavano sullo schermo, ma nel suo complesso il film mi è risultato soprattutto respingente. È stato decisamente più piacevole immergersi nel flusso lento e ipnotico della routine di Hirayama, il protagonista di Perfect days, un uomo di mezza età e di pochissime parole, che per mestiere pulisce i bagni pubblici a Tokyo. Il film non fa altro che seguire passo passo la quotidianità delle sue giornate, più o meno sempre uguali, piene di piccole abitudini e prive di grandi avvenimenti, eppure a loro modo "perfette", talvolta lievemente turbate da incontri o eventi non previsti, che però si risolvono sempre senza drammi, senza intaccare la sostanza della vita che Hirayama si è meticolosamente costruito.
Dopo aver visto la pellicola animata di Miyazaki non ho avuto nessuna voglia di andare alla ricerca delle spiegazioni per sciogliere la complessa rete di simboli e allegorie di cui il film è evidentemente intessuto. Per Perfect day invece, nonostante (ed è questa parte del suo bello) si tratti di film in cui non c'è nulla da spiegare, mi è sembrato naturale approfondire oltre, leggendo tutte le recensioni e i commenti in cui mi sono imbattuto. Ne segnalo qualcuna che ho trovato particolarmente interessante.
Come quella di Davide Coppo per Rivista Studio, dove, tra le altre cose, leggiamo:
Wenders ha scelto di ritrarre ancora una volta un uomo solitario, ma a differenza di molti casi precedenti nella sua filmografia, questo Hirayama che sembra cinquanta-sessantenne non è in cerca di qualcosa, e non si strugge sulla strada della ricerca. Anzi: i giorni perfetti del titolo sono quelli che lui vive ogni giorno, in momenti tutti uguali, più rituali che routinari [...] Sembra noioso, a scriverlo. La verità è che è ipnotico.
[...]
Wenders ha fatto quindi un film di azioni molto pratiche ma con un significato molto spirituale. Attraverso un’adesione quasi maniacale – anche se la mania nel senso peggiore del termine non compare mai sul volto del protagonista – al mondo fenomenico Hirayama mostra di poter accedere a una dimensione invece noumenica, inconoscibile altrimenti. Ora et labora, potremmo pensare nella nostra versione cattolico-occidentale
Qui, invece, la recensione di Simone Bachechi su Minima et Moralia. Anche per questo pezzo riporto un piccolo estratto:
Hirayama è una sorta di monaco zen urbano, parla pochissimo, si esprime per lo più con i suoi sguardi ed il suo luminosissimo sorriso che mostra una sensibilità rara. [...] A Tokyo è necessario andare lasciandosi accompagnare, magari anche da un film come quello di Wenders, anche se nella fattispecie il dinamismo e la frenesia della città lascia il posto ai pochi e ripetitivi atti del protagonista. In fondo è un “Falso movimento” quello di Hirayama. Le sue organizzatissime giornate sono scandite dalla routine, cosa non necessariamente negativa.
[...]
Il segreto forse sta proprio nel vivere giorno per giorno (più o meno perfetto) con la consapevolezza che quello che ci è richiesto non è una vita da eroi ma da donne e da uomini, con tutto il fardello e la gioia del vivere giorno per giorno (appunto), perché la natura da noi non esige altro che l’essere felici e di trovare la pace della radura attraverso sentieri il meno dolorosi possibile.
Per completezza, varrà la pena, prima di concludere, di segnalare cosa è stato scritto anche da chi non ha apprezzato il film. È il caso di Lorenzo Gramatica su Lucy, molto scettico sulla reale felicità di una figura come Hirayama, in cui piuttosto vede il dramma di un uomo solo che vanamente Wenders cerca di addolcire attraverso una «retorica delle piccole cose», un po' stucchevole.
Una lettura per concludere
I GIUSTI
Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire. Chi è contento che sulla terra esista la musica. Chi scopre con piacere un’etimologia. Due impiegati che in un caffè del Sur giocano in silenzio agli scacchi. Il ceramista che premedita un colore e una forma. Il tipografo che compone bene questa pagina, che forse non gli piace. Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto. Chi accarezza un animale addormentato. Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto. Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson. Chi preferisce che abbiano ragione gli altri. Queste persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.Jorge Luis Borges
E per oggi è tutto.
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Alla prossima e buone letture!